Nicola Ricci
Il polistrumentista brasiliano Mario Féres ha appena terminato la sua esibizione con il Grupo Candombe alla Locanda Valmolin di Arquà Polesine per la rassegna “Turnaround The World” organizzata dal Rovigo Jazz Club.
Qualche giorno fa si è esibito in Germania, nella città di Hannover, con la cantante Paola Morelenbaum ed un'orchestra radiofonica tedesca, per un interessante esperimento musicale che ha avuto buoni consensi.
Mario appare rilassato, accende un sigaro e parla volentieri della sua attività, del Brasile e di altre cose.
Tu di dove sei esattamente e come ha avuto inizio la tua carriera?
Mario Feres - Io vengo dallo Stato di San Paolo. Sono nato a Marìlia ma risiedo da alcuni anni a Ribeirào Preto, una città che si trova a circa 300 chilometri a nord di San Paolo. Insegno Musica e Ritmo all'Università di Mauà. Mio padre era sassofonista e ho un fratello bassista e uno pianista, quindi la musica è sempre stata fondamentale nella mia casa. Ho debuttato ad appena sei anni in una trasmissione televisiva molto popolare in Brasile, suonavo la batteria.
Allora eri una specie di enfant-prodige?
Mario Feres - Sì, in pratica sono abituato ad esibirmi in mezzo alla gente da sempre! All'età di 12 anni ho scelto di dedicarmi alla chitarra e poi, come ultimo strumento, ho imparato il pianoforte.
Quali sono gli autori che ti hanno maggiormente colpito?
Mario Feres - Sicuramente Jobim e Vinicius, poi ammiro molto Caetano Veloso, Gilberto Gil e Chico Buarque. Anzi, ti posso dire che Chico è il mio idolo, ha scritto brani meravigliosi.
Stasera hai eseguito per noi anche un brano di Gilberto Gil, vero?
Mario Feres - Sì, ho scelto di cantare “Expresso 2222”, una canzone molto vivace e particolare: è stata composta intorno al 1968 ma nel testo si racconta del Brasile futuro, o almeno di quel futuro che si immaginava l'autore quarant'anni fa!
Toglimi una curiosità: Gilberto Gil è ancora in carica come Ministro della Cultura nell'attuale governo brasiliano?
Mario Feres - No, si è dimesso di recente. Sentiva troppo la mancanza del contatto con il pubblico e così ha deciso di lasciare il governo per tornare a dedicarsi a tempo pieno alla sua attività creativa di cantante e compositore.
Tu sei amico di Paulo Jobim, figlio dell'indimenticabile Antonio Carlos, e hai svolto un lavoro molto rilevante insieme a lui. Ce ne puoi parlare?
Mario Feres - Con Paulo ho suonato a lungo, a partire dal 1995. Ha chiesto il mio aiuto per raccogliere l'opera omnia di suo padre, il “Cancioneiro Jobim”, in sei volumi. Più che un semplice tributo al talento di Jobim, è un lavoro completo e di grande responsabilità, visto che si tratta di uno dei capisaldi della nostra cultura.
Quest'anno si è festeggiato il cinquantesimo anniversario della nascita della bossanova, uno stile di musica e poesia che fu un autentico punto di svolta per la cultura brasiliana e che interessò un gran numero di artisti di prestigio internazionale. Anche Frank Sinatra nel 1966 volle incidere un disco con Jobim. Puoi raccontarci come ebbe origine questo fenomeno?
Mario Feres - La bossanova come stile musicale ha inizio nel 1958 con la registrazione di uno storico album della cantante Elizet Cardoso, intitolato “Cançao do amor demais”, che conteneva testi del grande Vinicius De Moraes, già attivo in quel periodo come poeta, appositamente musicati da Antonio Carlos Jobim. Era la prima collaborazione tra questi due straordinari artisti e vedeva la partecipazione anche di Joao Gilberto. Da quel momento, grazie anche al vasto successo ottenuto dal film “Orfeo Negro” (sempre con la voce di Elizet Cardoso nella colonna sonora), la musica popolare brasiliana ebbe una rapida diffusione in tutto il mondo coinvolgendo musicisti di diversa estrazione, tra cui molti famosi jazzisti. Ma bisogna ricordare che l'elemento rivoluzionario della bossanova era proprio il connubio con la poesia contemporanea.
Com'è la situazione musicale in Brasile oggi? Ci sono nuovi talenti che si stanno facendo conoscere?
Mario Feres - Sì, nel mio Paese gli stimoli per la musica sono costanti. Ora mi piace molto Guinga, che è un chitarrista e cantante di ottimo livello e ti segnalo anche un altro autore che si chiama André Mehnari, vincitore del Premio VISA.
E' una specie di festival?
Mario Feres - No, è una cosa diversa. La giuria del Premio VISA compie le valutazioni considerando diverse composizioni di uno stesso autore, non una sola canzone. E' una specie di riconoscimento per la sua opera.
Ti ringrazio per la disponibilità, Mario. Come hai visto, la tua esibizione di stasera è stata apprezzata.
Colgo l'occasione per ringraziare il Grupo Candombe (Tiziano Negrello, Silvio Zalambani e Davide Bernaro) che ha suonato insieme a me e grazie anche a voi per averci ospitato.
Nicola Ricci
8 novembre 2008
Jornal de Rovigo - Itália
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